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«Abbiamo fifa forse del cosmo?» franco battiato vs. james joyce

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«Have we cold feet about the cosmos?» (Abbiamo fifa forse del cosmo?)

«No».

Perché l’essere consapevoli e certi della fine del mondo e del cosmo è il presupposto necessario che deve avere una possibile etica (e teologia) autenticamente contemporanea e all’altezza delle sfide odierne. (cfr. per un approfondimento il nostro commento a L’ombrello e la macchina da cucire, p. 90)

Battiato e Sgalambro teologi irregolari ci insegnano l’etica della fine del mondo.
Anche Joyce lo fa (cfr. Joyce, Ulisse, traduzione italiana di Giulio De Angelis, Oscar Mondadori, 1984, p. 685)…

Sta a voi di intuire quella forza cosmica. Abbiamo fifa forse del cosmo? No. Mettetevi dalla parte degli angeli. Siate dei prismi. Lo avete in voi quel certo non so che, l’io più alto.

Have we cold feet about the cosmos? No. Be on the side of the angels. Be a prism. You have that something within, the higher self.

Da dove viene questo curioso interrogativo? E la fine del mondo?
Ecco qualche chicca joyceana che Battiato e Sgalambro hanno fatto propria (cfr. Ulisse, pp. 683-685; per la versione in inglese cfr. Ulysses, James Joyce, Modern Library, NY 1934, pp. 494-495).

FLORRY Dicono che quest’estate ci sarà la fine del mondo.

KITTY No!

ZOE (Scoppia in una risata) Gran Dio ingiusto!

FLORRY (Offesa) Be’, ne parlavano i giornali, l’Anticristo. Oh, mi prude il piede.

FLORRY They say the last day is coming this summer.

KITTY No!

ZOE (Explodes in laughter.) Great unjust God!

FLORRY (Offended.) Well, it was in the papers about Antichrist. O, my foot’s tickling.

A proposito della fine del mondo, oltre a ricordare il suo primo volume intitolato, significativamente, La morte del sole, riportiamo con Sgalambro (cfr. La consolazione, p. 105, e nostro commento a Gesualdo da Venosa) il passo di Seneca:

ogni cosa si distruggerà con le sue stesse forze, gli astri cozzeranno con gli astri e nella conflagrazione universale tutti i corpi che adesso brillano in un ordine così armonioso bruceranno in un unico rogo.

Analogamente, nelle pagine dell’Ulisse troviamo la conflagrazione della distruzione universale di cui siamo tutti partecipi e la Fine del Mondo, secondo le parole e il flusso di coscienza di Joyce (cfr. trad. it. pp. 684-5; per l’inglese cfr. Joyce, op. cit., p. 495):

Un razzo ascende con impeto al cielo e scoppia. Una stella bianca se ne distacca, proclamando la consumazione di tutte le cose e il secondo avvento di Elia. Lungo una fune infinita e invisibile tesa dallo zenith al nadir, la Fine del Mondo, una piovra a due teste in gonnellino da battitore…

A rocket rushes up the sky and bursts. A white star falls from it, proclaiming the consummation of all things and second coming of Elijah. Along an infinite invisible tightrope taut from zenith to nadir the End of the World, a twoheaded octopus in gillie’s kilts…

(In italiano da notare il bisticcio fune-fine che nell’originale inglese non esiste…)
La Fine del Mondo è dunque un personaggio e…

LA FINE DEL MONDO (Con accento scozzese) E chi ballerà la furlana, la furlana, la furlana?

THE END OF THE WORLD: (With a Scotch accent.) Wha’ll dance the keel row, the keel row, the keel row?

… va dicendo coteste stramberie in gonnellino da battitore (e cfr. per l’inglese p. 496) e «busby and tartan filibegs», «berretto di pelo e sottanina di tartan»!

In più, il berretto parla, e dice la propria in risposta a Stephen Dedalus (cfr. trad. it. p. 681; per l’inglese cfr. p. 493):

IL BERRETTO: (Con umore saturnino) Bah! Così stanno le cose. Ragionamento da donna. Ebreogreco è grecoebreo. Gli estremi si toccano.

THE CAP: (With saturnine spleen.) Bah! It is because it is. Woman’s reason. Jewgreek is greekjew. Extremes meet.

per poi aggiungere addirittura:

La morte è la più alta forma di vita.

Death is the highest form of life.

e finire il discorso come lo aveva iniziato, con un semplice «Bah!».

La morte è la più alta forma di vita, vivere per la morte, essere contemporanei della fine.
In tutto ciò, l’arte è indispensabile come guida per un nuovo pensiero, per una nuova etica, che abbia la fine del mondo come criterio sul quale basare le nostre scelte di vita e di pensiero. Un esempio? Una scrittura a flusso di coscienza e priva dei consueti nessi logico-sintattici, come quella di Joyce. Ancora dal nostro commento a L’ombrello e la macchina da cucire:

«Una macchina da cucire con un ombrello» era una frase spesso citata da André Breton.

L’associazione alogica e la scrittura a flusso di coscienza erano, infatti, strumenti che i Surrealisti utilizzavano -in poche parole- al fine di 

fondare una nuova modalità artistica e di produrre una forma di conoscenza svincolata dai saperi e dalle logiche convenzionali e tradizionali. (Ed è quello che Battiato e Sgalambro mettono in atto fin dal loro primo incontro.)

Battiato e Sgalambro procedono poi ad inserire delicatamente le «calze fini» nella canzone. Vediamo le parole di Joyce (cfr. trad. it., p. 712; per l’inglese pp. 517-518):

E poi quel manichino di cera Raymonde che andavo a vedere tutti i giorni per ammirare le calze fini come ragnatele e l’alluce a stelo di rabarbaro, come s’usa a Parigi.

Even their wax model Raymonde I visited daily to admire her cobweb hose and stick of rhubarb toe, as worn in Paris.

Per finire, avete presente il titolo dell’album del 1989, il primo album dal vivo di Battiato? Beh, Giubbe rosse si ritrova ancora in Joyce (cfr. trad. it., p. 99; per l’inglese p. 71), per l’esattezza redcoats.