Saggio sopra l'espressionismo

3. architettura espressionista: Bauhaus

Il nuovo centro urbano e la necessità di una nuova architettura

A partire dall’inizio del Novecento, il centro urbano esplodeva sempre più in direzione di un allargamento che finiva per inglobare periferie e campagne, occorreva pertanto la messa a punto di un’architettura che riflettesse sul nuovo modo di vivere di una grande collettività sociale.

Nasce il razionalismo, strumento di convivenza sociale

Si aveva necessità che l’architettura rispondesse, pertinentemente e compiutamente, alle domande poste da un rinnovato conglomerato urbano e da una moderna collettività sociale. Nasce di conseguenza il razionalismo. L’architettura non può più essere rappresentata da un complesso di precetti stilistici e modelli da imitare, né può essere riportata a esaudire solo l’individuale, né può essere significata e fisicizzata da edifici avulsi dal contesto urbanistico e dalla dinamica fra collettività e ambiente. L’architettura dev’essere uno strumento per orientarsi nella ricerca di una moderna formulazione della convivenza fra l’interesse contingente dell’individuo socializzato e l’inesorabile movimento di crescita della metropoli: l’architettura deve essere coordinata attraverso la compenetrazione di individuo e società, e di società e propulsione dinamica dell’organismo urbano. Per far fronte a tutto ciò occorre riorganizzare il modo stesso di fare architettura.

Bauhaus di Gropius: l’interdisciplinarietà per l’individuo e la collettività

Gropius fonderà la Bauhaus nel 1919, secondo l’idea di un procedimento progettuale su larga scala che convogliasse nell’interdisciplinarietà: tutte le discipline artistiche e tecniche (come architettura e design) sono chiamate a collaborare -in simbiosi- per soddisfare i bisogni della collettività, a desiderare il meglio per essa, a impegnare ogni singola disciplina a una cooperazione che arrivi a unire l’architettura all’esigenza concreta dell’individuo e della collettività urbana a cui esso appartiene.

Walter Gropius, Architettura integrata. Garzanti, Milano 1978, p.23

Ciò che la Bauhaus concretamente propugnava era la comune cittadinanza di tutte le forme di lavoro creativo, e la loro logica interdipendenza del mondo moderno.

Bauhaus e modernità: al passo con il corpo sociale

Il mondo moderno (dinamico e complesso regno di forze in propulsione, agenti negli interessi della collettività) richiedeva per sé, inevitabilmente, un diverso modo di orientare l’architettura su una progettualità che differisse sia dalle passate applicazioni di un’estetica non adatta all’impiego funzionale dei suoi spazi e della sua struttura, sia da forme non idonee all’universo spirituale della modernità.

Walter Gropius, Architettura integrata… p.23

Urgenza imperativa era evitare la riduzione in schiavitù dell’uomo da parte della macchina, salvando sia il prodotto di massa sia il focolare umano dall’anarchia meccanicistica e loro restituendo scopo, senso e vita.

L’architettura (e in genere le arti applicate) per la Bauhaus doveva affermarsi nell’esperienza moderna dell’individuo e della società; agire sul corpo sociale non solo con l’ambizione di destare se stessa, col non intenderla isolatamente dalla grande trasformazione urbanistica, ma anche di

Walter Gropius, Architettura integrata... p.23

destare l’artista creativo dalla estraneità del suo mondo particolare e reintegrarlo nel mondo concreto della realtà, e nello stesso tempo allargare e umanizzare la mentalità rigida e materialistica dell’uomo d’affari.

L’architettura è in funzione dell’urbanistica e dell’attività sociale
Walter Gropius, Edificio della Bauhaus, 1925, Dessau

All’architettura doveva corrispondere la relazione con il mondo (e non con l’individualità del soggetto chiuso in se stesso): spazi e strutture in grado di rapportarsi con l’attività sociale e pratica del funzionamento urbanistico. L’architettura non deve più considerare se stessa in relazione solo con se stessa, ad essa non deve più corrispondere l’architettura per l’architettura, poiché

Walter Gropius, Architettura integrata… p.23

ogni progetto che si riconduce in rapporto alla vita è diametralmente opposto a quella dell’“arte per l’arte”.

L’architettura deve adattarsi sia alle esigenze dell’individuo sociale, agente nella e per la sua comunità sociale, sia all’esigenza di una società che metta al centro di se stessa un ambiente funzionante per un uomo sociale. L’architettura che s’apre al temperamento moderno sente il bisogno di costringere se stessa a contraddistinguersi da progettualità che non tengano conto del corpo civile dell’urbanizzazione formatasi nell’idea di funzionalizzare i grandi centri urbani.

Tali propositi richiedevano una rivoluzione ben più radicale dell’architettura che si sviluppò nell’epoca illuminista e Liberty. Sarebbe stato inammissibile che, nell’epoca della modernità, nella quale tutto ciò che riguardasse l’individuo-società doveva necessariamente determinarsi nella reciproca relazione, l’architettura non si mettesse al servizio di una razionalizzazione radicale dei suoi procedimenti progettuali, non si prodigasse a esaudire le esigenze di una maggiore e meditata funzionalità allo scopo di sfruttare razionalmente tutto ciò che la macchina industriale avrebbe potenzialmente potuto fornire, e non desse

Walter Gropius, Architettura integrata… p.24

nuova vita al comporre… riunificando arte e produzione nell’accettare la macchina e sottomettendola allo spirito.

L’architettura diventa pratica e produttiva

Di fronte alla società l’architetto doveva affermare, con tutto ciò che implicasse la conoscenza della realtà sociale e l’individuazione dei bisogni del singolo, una architettura che corrispondesse a realizzarsi nel mondo e che il mondo fosse in essa.

La ricostruzione della realtà con la scienza aperta alle esigenze liberatrici dell’immaginazione

Calarsi nella concreta esigenza dell’individuo-società, significava per l’architettura non più aderire alla segnalazione di concetti astratti, simbolici, legata all’estetica inerte d’una monumentalità fine a se stessa, ma concorrere alla realizzazione di un processo evolutivo, seguendo il quale l’architettura, dotata persino di immaginazione, unificando sensibilità e ragione, diventasse «produttiva» mentre diventava pratica: una forza guida nella ricostruzione della realtà, una ricostruzione con l’aiuto di una «gaia scienza», una scienza e una tecnologia non più costretta a servire la distruzione e lo sfruttamento, e perciò disponibile per le esigenze liberatrici dell’immaginazione.

Gropius, Le Corbusier, Mies van der Rohe
Le Corbusier, Cappella di Notre Dame du Haut, 1950, Ronchamp

È nel tentativo di realizzare codesta utopia che Gropius, Le Corbusier, Mies van der Rohe, e gli architetti che aderiranno radicalmente, più o meno, all’Espressionismo, si spingeranno all’attuazione di una architettura organica.

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