Saggio sopra l'espressionismo

il messaggio del Grottesco

Il Grottesco: un viaggio critico verso l’esistente

Il Grottesco, nel contesto pittorico dell’Espressionismo, è un viaggio dichiaratamente critico nei riguardi di ciò che proviene dall’esperienza dell’esistente. Un viaggio d’iniziazione a un modo di osservare l’esistente penetrandolo, toccandolo, interiorizzandolo fino a un tal grado di coscienza da sentire emergere, dall’oggettività della propria osservazione, la forma immercificabile dell’urlo sommesso della frantumazione dell’esistenza.

Ernst Gombrich, Arte e illusione… p.430

È tramite il Grottesco, ad esempio, che Daumier «si concentra su quei tratti che servono per il carattere fisionomico o i gesti o l’espressione mímica», con cui far emergere dai soggetti un giudizio critico avente il compito di esporre una riflessione su quanto nell’umano vi si esprime per mezzo della sua esperienza esistenziale e sociale.

Il Grottesco di Daumier e la mímica
Honoré Daumier, Passato, presente, futuro, 1834 (litografia)

Il Grottesco di Daumier è lo sforzo critico di partecipare col proprio segno all’analisi sociale, per non trascendere il dato di fatto. Ritrarre l’ansia psicologica tratta da ordinari comportamenti patologici dell’uomo sociale, con tratti e particolari che mirano a ridicolizzarlo, porta inevitabilmente all’estrinsecazione del tragico e, di conseguenza, del Grottesco. A Daumier non interessava un’arte subordinata né a soggetti realistici né storici né patriottici, ecc. Daumier persino

Ernst Gombrich, Arte e illusione… p.431

derideva Courbet e disprezzava Monet. A lui, che non aveva mai disegnato dal vero, lo studio degli effetti di “plein-air” deve essere sembrato futile rispetto allo studio delle reazioni umane. Così non sorprende che gli artisti che hanno visto in lui il loro precursore non siano stati gli impressionisti ma gli espressionisti. E da questo punto di vista una volta tanto tale contrasto, fonte di tanti equivoci, acquista un qualche valore.

Con Daumier la fisiognomica supera l’umorismo

Infatti è con Daumier che la tradizione delle ricerche sulle fisionomie comincia ad emanciparsi dalla tradizione umoristica. Assai presto Baudelaire aveva notato che i suoi avvocati, giudici o fauni erano tutt’altro che umoristici. Sono creazioni autonome, spesso di terribile intensità, maschere delle passioni umane che penetrano profondamente nel segreto dell’espressione.

Cade la barriera tra caricatura e arte

Senza questa rottura delle barriere tra caricatura e grande arte, un maestro come Munch non avrebbe mai potuto realizzare le sue fisionomie intensamente tragiche e stravolte, né il belga Ensor avrebbe creato nella stessa epoca il suo repertorio di maschere paurose che tanto esaltarono gli espressionisti tedeschi.

Il Grottesco ci mette a disagio nella disperazione? Forse, a rifletterci bene, sì. V’è un luogo nel Grottesco in cui tutto il mondo maldicente della superficie va a morire nell’istituzionalità della sua superficialità.

La disperazione nel Grottesco: non c’è redenzione dal Brutto

La disperazione non viene dalla spersonalizzazione della circolazione arteriosa dell’esistenziale, ma dalla consapevolezza di quel dolore che la muove a esser la voce critica di una coscienza che ha visto ciò che era da vedere nel più profondo della propria sciagura sociale ed esistenziale. La disperazione viene dallo sconvolgimento della struttura dell’essere.
Il Grottesco non ti protegge dal Brutto, né dagli impulsi nervosi mossi dalle brutture dell’esistente. La forma del Grottesco fa sua la forma degli orrori e della stupidità umani.

Becher e la sofferenza della vita metropolitana, per una nuova umanità

Johannes Robert Becher dipinge grottescamente e allegoricamente, a parole, ciò che ha subíto passionalmente dalla vita metropolitana. La seguente descrizione ci parla fitto fitto di una loquace difformità visiva con tinte e dettagli descrittivi che s’infiammano in una sorta di narratività surreale e apocalittica, tutta tesa a «scuotere la tranquillità borghese del mondo» e a ridestare il mondo con una nuova umanità:

Johannes Robert Becher, Addio (1940). Parenti, Milano 1960, pp.397-398

Si annunziavano cose mostruose in una lingua comprensibile solo agli iniziati.
Incaricavamo i giganti di lanciare bombe e prendevamo posto sul Gaurisanker per tenervi il giudizio universale.
Si pronunciava il verdetto sui cilindri e gli abiti da cerimonia, e i poveri si sedevano alle tavole dei ricchi per il banchetto.
Manifesti alti come case. Striscioni con versi fatti da noi si tendevano sopra le strade.

La luna scoppiava, e sopra la notte si riversava una fosca poltiglia di luce, e la violenza della nostra voce provocava una tempesta nell’universo.
Sulle colonne della pubblicità ardevano manifesti, un rosso d’incendio.
«Suscitate sommosse! Provocate scandali! Il mondo sta diventando troppo stretto!»
Con un gesto della mano spazzavamo nel mare intere città, sradicavamo montagne, ammucchiandole l’una sull’altra.
Vomitavamo strofe dalle tribune, sale gigantesche scrosciavano d’applausi.
Un’onda fluttuante di bandiere rosse. Il tumulto cozzava contro la Residenza.
Il fulmine e il tuono erano affidati alle nostre mani, facevamo giungere a volo tutti gli dei del passato a porgerci omaggio, e un mondo nuovo appena sorto ci festeggiava con statue colossali.

Terremoti per scuotere il mondo borghese

Ci dovevano essere terremoti ed esplosioni per scuotere la tranquillità borghese del mondo, il cui spirito marciva nei musei e nelle edizioni dei classici con un puzzo di cultura.
Con estasi si annunciava l’incendio del mondo e la morte in massa, cui doveva seguire la nascita di una umanità nuova: la stirpe dei dominatori del cosmo.

In riferimento al Grottesco… che cosa sottointende allegoricamente il passo riportato di Becher?

Il Grottesco parla dell’esistente sempre in movimento, stigmatizzandolo e smascherandolo

Il Grottesco non ritrae la realtà a partire da un proprio concetto, o dal supporre che essa realtà sia ciò che suppone che sia, ma ciò che nella realtà esiste -agli occhi dell’uomo- per ciò che è.
L’esistente non è una faccia inerte su cui il tempo assume un’unità di eventi fissi, incorporati in categorie che più non si muovono da se stesse, ma una realtà sempre in partenza da se stessa, sempre in movimento.
Parlarci della realtà dell’esistente… è compito del Grottesco.

Esso si impegna a bersagliarla con un occhio critico, che ne individua i difetti e tutte quelle realtà che si nascondono sotto la superficie del reale; il suo carattere, aggressivamente deformato, è sempre teso a dimostrare che la realtà non è mai ciò che mostra di essere, ma ciò che in quel che mostra si nasconde.

Il Grottesco smaschera l’illusione di star bene e costringe a svegliarsi

Il Grottesco insomma ci crea sempre un brusco risveglio, poiché smaschera l’illusione di star bene, e il suo ritratto dell’uomo e della città è impietoso.
Il suo impegno è sempre nella tensione verso una forma che stabilisca un’analogia con ciò che nasce, si realizza e muore nella quotidianità.
Il Grottesco sembra sempre riemerso dal fango del vivere, dai disturbi di un corso sedimentato nelle proprie malattie.
Il suo ritratto della città, ad esempio, è argomentato da un sistema linguistico che non trascura né gli insulti che essa promana, né le menzogne architettoniche che ci hanno snaturato;

La città presenta le sue contraddizioni

la città è così come ce la mostra il sistema delle sue contraddizioni dominanti;
traduce la città non in ciò che sembra, ma in ciò che è.
Il Grottesco funge in questo caso da disillusione: è un ritratto basato sulla storia presente dell’individuo.

Il Grottesco espressionista smaschera il mondo e le sue menzogne stratificate

Che cos’è il mondo per il Grottesco espressionista? Uno strato su strato di vane apparenze e cinici abissi esistenziali. Per esso vale scendere in immagini scomode su cui appaiono tutti quei valori di verità e scoprire che altro non sono che mezzi valori, discorsi insensati che enunciano significati senza significato. E se al mondo tutto ciò che è… è rappresentato da quell’uomo falso, allora il Grottesco, nel ritrarre il mondo, non può che dargli quella faccia d’uomo su cui trapela tutta la sua falsità.

In un’opera espressionista pare che vi si legga sempre ciò che Nietzsche scrive ne L’Anticristo:

Friedrich Nietzsche, L’Anticristo. Newton Compton, Roma 1979, p.180

L’uomo è, relativamente parlando, l’animale peggio riuscito, il più infermiccio, quello più pericolosamente sviato dai propri istinti -cionondimeno, certo,- anche il più interessante!

Il Grottesco coglie le inquietudini dell’uomo e nega il Bello

Ciò che infatti interessa di più al Grottesco espressionista è: cogliere l’uomo nelle sue inquietudini psicologiche, esistenziali, sociali, con una tecnica che non poteva fare a meno di negare il Bello classico.

Emil Cioran, Al culmine della disperazione. Adelphi, Milano 1998, p.30

La complessità del grottesco nato dalla disperazione risiede nella sua capacità di suggerire un infinito interiore e un estremo parossismo. Come potrebbe, questo, oggettivarsi nella dolcezza dei tratti o nella purezza dei contorni? Il grottesco essenzialmente nega la classicità, così come ogni idea di stile, di armonia o di perfezione.
Il fatto che esso nasconda il più delle volte tragedie che non si esprimono direttamente è un’evidenza per chi comprende le molteplici forme del dramma interiore. Chi ha visto la propria faccia nella sua ipostasi grottesca non potrà mai più guardarsi, perché avrà sempre paura di sé. Alla disperazione fa seguito un’inquietudine tormentosa al massimo grado. Che cosa fa dunque il grottesco, se non attualizzare e intensificare la paura e l’inquietudine?

Una nuova distinzione tra Bello e Brutto

Tutta l’arte classica tende alla distinzione tra il Bello e il Brutto, ma la risposta che l’Espressionismo dà a codesta distinzione è: il Brutto è dappertutto, è nella vita e nel linguaggio di cui la vita stessa si serve per rivelare nell’esistenza la faccia della sua vera faccia, che corrisponde anche alla realtà della brutta faccia assegnata al mondo;

La bellezza del Bello non esiste, è solo ideale

Il Bello è ciò che predica una bellezza che non esiste, ovvero che esiste solo in quelle regole sintattiche e formali che esso stesso determina per raggiungere idealmente una forma che corrisponda alla sua idea di Bello assoluto.

Il Brutto viene dall’esistente
Il Bello è ciò che non è sporcato dal Brutto

Il Brutto è, dunque, sempre enunciato dall’esistente, da ciò che rende vero l’esistente; il Bello è ciò che si intende non sporcato dal Brutto, non descritto oggettivamente da ciò che corrisponde alla realtà.

Contro il buon senso comune

Perciò: date all’Espressionismo una parola, ed essa sarà trasformata in una immagine così tanto viva da esser capace -all’occorrenza- finanche di disgustare il buon senso comune:

Alfred Döblin, Berlin Alexanderplatz. BUR, Milano 2008, pp.157-159

Un gran bue bianco è introdotto nel mattatoio. Niente fumo qui, niente stabbiolo come per gl’inquieti maiali. La grande bestia entra sola per la porta in mezzo ai guardiani. Dinanzi a lui la stanza sanguinosa con i quarti di bovi appesi, e le ossa spaccate. Il grande bove ha una fronte larga. I guardiani lo sospingono con bastoni e colpi. Uno, perché stia più saldo, gli dà un leggero colpo sulla gamba di dietro con la parte piatta della scure.

Il mattatoio allucinato di Alfred Döblin

Un altro, dal basso, lo abbraccia al collo. L’animale cede, cede in modo straordinariamente mansueto, quasi fosse d’accordo e non volesse ribellarsi, ora che ha visto tutto e sa tutto e che questa è la sua sorte e non c’è niente da fare. O forse anche quel gesto del guardiano gli pare una carezza. E segue il braccio del guardiano che lo attira a sé, piega da un lato il capo, la bocca rivolta verso l’alto.

Ma dietro a lui sta quell’altro, il boia, colla mazza alzata. Non ti voltare indietro. Il martello sollevato in aria dai due robusti pugni dell’uomo gli sta dietro, gli sta sopra, poi: bum, giù. La forza muscolare di un uomo vigoroso, come una clava ferrea sulla nuca. E nello stesso momento, il martello non si è ancora rialzato, che le quattro gambe dell’animale scattano in alto e sembra che il corpo pesante voglia volare in su. Poi, come se fosse senza gambe, l’animale strapiomba giù al suolo, sulle gambe rattrappite e intirizzite, resta un momento così; poi si ripiega da un lato. Da sinistra e da destra lo assale il boia, con nuovi benigni mezzi di stordimento sulla testa, sulle tempie, dormi, dormi, non ti sveglierai più. Allora l’altro, lì accanto, si toglie il sigaro di bocca, si soffia il naso, trae fuori un coltello lungo come una mezza spada e s’inginocchia dietro la testa dell’animale, le cui gambe si sono ormai liberate dal crampo convulso. Ormai non ha che piccole scosse convulse, mentre la parte posteriore si agita di qua e di là.

L’uomo cerca qualcosa per terra, e chiede la bacinella per il sangue. Dentro circola ancora il sangue calmo, poco agitato, sotto i battiti di un cuore potente. La spina dorsale è fracassata, ma il sangue continua a scorrere calmo per le vene, i polmoni respirano, gli intestini si muovono. Ora gli ficcheranno dentro il coltello e il sangue sgorgherà fuori, me lo posso immaginare, uno zampillo grosso quanto un braccio, sangue nero, bello e giubilante. E allora tutto il giubilo festoso lascerà la casa, e gli ospiti usciranno fuori a danzare, tutto un tumulto, lontani i dolci pascoli, la stalla calda, il fieno profumato, tutto via, tutto soffiato via, un buco vuoto, tenebra, ecco che viene un nuovo mondo. Ehi, è comparso tutt’ad un tratto il signore che ha comprata la casa, sventramento di strade, migliori comunicazioni, lui demolirà tutto. Portano una grande bacinella, l’appressano all’animale ed esso manda in alto le gambe di dietro. Il coltello gli penetra nel collo accanto alla gola, bisogna cercare con cautela le vene, quelle vene lì hanno una pelle molto forte, e la vena sta bene al sicuro.

Ma eccola, tutto un torrente rosso-nero, spumeggia il sangue sotto il coltello, al di sopra del braccio del macellaio, sangue giubilante, sangue caldo, gli ospiti vengono, è questo l’atto della trasformazione, dal sole è venuto il tuo sangue, il sole si è nascosto nel tuo corpo ed ora riviene fuori. L’animale ha degli enormi respiri, come un soffocamento, rantola, respira a raganella. L’ossatura scricchiola. Mentre i fianchi si alzano così paurosamente, un uomo dà un aiuto alla bestia. Se una pietra vuol cadere, dàlle un colpo. Un uomo salta sopra l’animale, sul ventre, sulle gambe, lassù preme ora con un piede, ora coll’altro, passa sopra gl’intestini, fa l’altalena di qua e di là, più svelto deve uscire il sangue, tutto fuori, tutto. Il rantolo si fa più potente, come un ansare prolungato, con brevi mosse respingenti delle gambe di dietro. Ormai le gambe non hanno che brevi moti. La vita scompare in un rantolo, il respiro cede. Pesantemente gira la parte posteriore e piomba giù. È la terra, è la forza di gravitazione. Sopra di lui l’uomo fa l’altalena. L’altro di sotto scosta già la pelle del collo.
Lieti pascoli, stalla calda e raccolta.


Vita e morte, gioia e dolore

Date all’espressionista una manciata di colore, e vedrete che esso sarà persino in grado di trascinarvi nel giardino delle delizie della vita o nei suoi ínferi:

Emil Nolde, in Walter Hess, I problemi della pittura moderna. .. p.63

L’uno con l’altro o l’uno contro l’altro: uomo e donna, gioia e dolore, divinità e demonio. Anche i colori sono stati opposti gli uni agli altri: caldo e freddo, chiaro e scuro, debole e forte. (…)

I colori, ecco il materiale del pittore: colori con una loro propria vita, piangenti e ridenti, sogno e felicità, caldi e santi, come canzoni d’amore e di erotismo, come canti e splendidi corali! I colori sono vibrazioni come squilli di campane d’argento e rintocchi di bronzo, annunziano felicità, passione e amore, anima, sangue e morte.

fabio d'ambrosio editore
via enrico cialdini, 74 - 20161 milano | p.iva 09349370156
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