Saggio sopra l'espressionismo

il linguaggio lirico come esperienza allucinatoria

Arthur Rimbaud, Opere… p.251

Per proporzionare la parola alla materia dell’esistenza occorreva umiliare il Verbo di Dio col drogare i sensi: liberare le parole dalla gabbia del perbenismo borghese: «la morale è la debolezza del cervello», contraddire la morale mediante un’esperienza linguistica disseminata tra linguaggi plurimi:

Tristan Tzara, Manifesto dada 1918, in
Manifesti del Dadaismo e Lampisterie, Einaudi, Torino 1975, p.13

la morale atrofizza come tutti i flagelli prodotti dall’intelligenza. (…) La contraddizione e l’unità delle stelle polari in un unico fascio di luce, possono rappresentare la verità.

Camminare in visioni inafferrabili, invocare l’orgia allucinatoria delle sensazioni (a testimoniare una realtà in cui tutti gli elementi si compenetrano per un linguaggio babelico), avvelenare la scrittura con un linguaggio pregno di linguaggi, ha portato la parola scritta alla stupefacente impresa di acquisire forme, colori e irregolari musicalità che hanno dato accrescimento di sensazioni alla percezione sensoriale dell’udito.

La cultura classicista perde potere sovvertita dall’esperienza allucinata

È sull’energia sovvertitrice dell’esperienza allucinatoria che l’istituzionalizzazione della cultura dogmatica e omologante del classicismo perde significativamente il suo potere.

L’incompiutezza fa da base all’arte

L’arte non emerge più da un concetto di compiutezza, non resta più fossilizzata in una statica razionalità ordinatrice, non resta reclusa nella norma di un linguaggio occupato ad autogestire il proprio Ego.

Il linguaggio perde le capacità comunicative

L’arte è alla base di tutto ciò in cui vi prende corpo il concetto di incompiutezza, come condizione di attraversamento fra arte e vita, tramite cui il linguaggio mira a deterritorializzarsi: al linguaggio cioè interessa più essere negoziatore delle proprie modalità comunicative che starsene chiuso e isolato nel proprio specifico territorio. Il linguaggio rècluta altri linguaggi per meticciarsi, e lo fa sia rendendosi pluralistico, aprendosi alla collettività dei linguaggi, sia nel lasciarsi irrimediabilmente plasmare da codici di comunicazione che non gli appartengono direttamente, come quelli, ad esempio, che provengono da un’esperienza plurisensoriale. Si pensi alla trance allucinatoria:

Charles Baudelaire, Del vino e dell’hascisc, in Poesie e prose. Mondadori, Milano 1977, p.438

I sensi acquistano una finezza straordinaria. Gli occhi bucano l’infinito. L’orecchio percepisce i suoni più inafferrabili in mezzo ai rumori più acuti.

Le orecchie prestano l’udito alla vista, gli occhi prestano la vista all’udito:

I suoni hanno un colore, i colori hanno una musica.

Tutto il corpo si fa mentale, sa penetrare, decifrare e risolvere anche linguaggi a cui non è avvezzo:

Charles Baudelaire, Del vino e dell’hascisc… p.438

Le note musicali sono numeri, e voi risolvete con spaventevole rapidità prodigiosi calcoli
aritmetici a misura che al vostro orecchio scorre la musica.

Il corpo si sente abitato da tutto ciò che percepisce, e tutto ciò che percepisce è abitato dai sensi; il corpo sta in ciò che vede e sente, e ciò che vede e sente sta dentro il corpo:

Charles Baudelaire, Del vino e dell’hascisc… p.438

Siete seduto e fumate: credete di sedere nella vostra pipa e ch

e la vostra pipa fumi voi e voi siete esalato sotto forma di nuvole azzurrastre.

I sensi alterati e amplificati: la realtà si trasfigura

I sensi vengono alterati, amplificati: tutto ciò che percepiscono si deforma, si trasforma, si trasfigura, si trasmuta. Lo spazio e le cose ora si compenetrano a vicenda, ora compenetrano il corpo, ora è il corpo a
compenetrare loro (compenetrazione dei piani cubisti? compenetrazione fra oggetto e spazio, Futurismo? spazio e figura amalgamati, quasi a formare di uomo-natura un’unica indissolubile entità, Espressionismo?):

Charles Baudelaire, Del vino e dell’hascisc… p.438

Gli oggetti esterni prendono apparenze mostruose. Vi si rivelano sotto forme sino allora sconosciute. Poi si deformano, si trasformano, e infine penetrano in voi, oppure voi penetrate in loro.

Il poeta ci descrive ciò che ha visto tuffandosi nell’ignoto della propria esistenza.

Il tuffo del poeta nell’ignoto: Io è un altro

Ci parla col linguaggio di un posseduto da tutte le esperienze vissute, nel bene e nel male, dandoci da vedere altro da sé: Io è un altro.
Come negli stati allucinatori «avvengono gli equivoci più singolari, le trasposizioni d’idee più inesplicabili», alla stessa maniera il poeta crea immagini inedite, con un linguaggio rinnovato, anfibologico, ricco di ambiguità, enigmatico, astruso, oscuro, inesplicabile come tutto ciò che è non noto o ignorato.

Il poeta ospita nel linguaggio tutte le sue percezioni

Concedersi all’ignoto vuol dire, dunque, mettersi in relazione con tutto ciò che la vita offre; il poeta decadente già ospita nel suo linguaggio tutta la
gamma cromatica e visiva che la vita gli offre: macrocosmo e microcosmo gli parlano dalle sue percezioni; l’indeterminatezza dell’esistenza, vissuta
anche nel brulichío della circolazione fra linguaggi erranti, che si muovono nella disarmonia dei conflitti societari, gli restituiscono un linguaggio frammentato, multiforme, paratattico.

 

Il linguaggio frammentato di Rimbaud

Si pensi a Rimbaud:

Ivos Margoni, Introduzione a Opere di
Arthur Rimbaud… p.XXXIX

Rimbaud non si propone di descrivere, ma di trasmettere vive le convulsioni, gli abbandoni
disperati, le speranze subito abolite, la rabbia, l’amore, l’incertezza fondamentale di fronte a tutto, in una sintassi spesso paratattica che conserva intatte e conduce fino a noi le scosse brevi e frequenti degli impulsi contraddittori, in un fraseggio nutrito continuamente dell’immagine, governato dalle cadenze e dai numeri.

Il panteismo del poeta decadente

Il poeta decadente è come se scrivesse continuamente in preda a stati panteistici:

Charles Baudelaire, Del vino e dell’hascisc… p.439

Di tanto in tanto il senso della personalità si annulla. L’obiettività, che fa divenire panteisti certi poeti e anche i grandi attori, giunge a farvi confondere con gli esseri esteriori. Eccovi divenuto albero che urla al vento e narra alla natura vegetali melodie. Ora, vi librate nell’azzurro del cielo immensamente allargato. (…) Vi sembra di uscire da un mondo meraviglioso e fantastico.

fabio d'ambrosio editore
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