I fondamenti dell’architettura non vanno assolutamente posti sull’imitazione. «Compito dell’artista -afferma Adolf Loos- sarebbe… solo quello di trovare una nuova espressione formale per il nuovo materiale. Tutto il
resto è imitazione». Ricercare nuovi mezzi serve a ottenere una nuova espressività stilistica.
Inoltre lo spazio architettonico va riempito solo dalla semplicità di uno spazio utile a se stesso e a chi ne usufruisce. Si giunge così allo stile oggettivo.
Lo stile oggettivo trascina lo spazio davanti alle sue reali esigenze, lo mette a tu per tu con la sua essenza, gli mostra che nella sua estensione c’è già spazio compiuto che non abbisogna di riempirsi di svariatissimi oggetti
per ri-definire se stesso.
L’ideale di uno spazio oggettivo è poter essere se stesso, liberato dall’atto di includere in sé presenze di troppo, sviamenti formali e cromatici, imitazioni.
Lo stile oggettivo, enuncia Scheerbart, «ha avuto il merito di fare piazza pulita dell’imitazione degli stili antichi».
A uno stile che non sia oggettivo si perviene sia per mezzo dell’eccedenza e dell’esagerazione, sia per mezzo del conformismo, sia per mezzo di una monotona uniformità all’imitazione.
Con la Glasarchitektur, costruita prevalentemente con ferro e vetro, lo spazio architettonico (così pure la sua forma e la funzionalità della sua ornamentazione) non viene sottomesso all’imitazione.
Con l’utilizzo del vetro e del ferro, «l’ornamentazione della casa» non chiacchiera più senza posa con lo spazio, e non imita più guardandosi indietro.
La «imitazione degli stili antichi» non è che «un prodotto dell’architettura in mattoni e dei mobili di legno»: eliminati questi, la Glasarchitektur, circondata da un’atmosfera nuova, non darà altro che l’opportunità di intervenire con nuovi stili, con nuovi mezzi progettuali, con nuovi materiali.