Saggio sopra l'espressionismo

la visione mistica va al contrario

Colore che soffre e si autodistrugge

In quei colori vengono proiettati tonalismi primordiali: emotivamente percepiti davanti all’approssimarsi di una condizione esistenziale tragica. Il colore va alla ricerca di tonalità toccate da qualcosa che soffre: colore che ti tocca la vista non con morbide tonalità ma con ruggiti incandescenti.

Emil Nolde, Ultima Cena (particolare), 1909, Copenhagen, Galleria Nazionale
Fisionomie cancellate dal dolore

È un colore, quello dell’Espressionismo, che si autodistrugge, non trionfa come materia luminosa ma come un corpo abbastanza simile alla configurazione di un mondo distrutto dalle sue perturbazioni sociali. Anche quando i toni raggiungono sprazzi da visionario estatico, come ne La Cena di Emil Nolde -1909, i colori dànno vita a qualcosa che si deforma in una sorta di documentazione umana grottesca:
i volti contengono espressioni segregate in un dolore in cui la fisionomia dell’uomo scompare quasi del tutto. Le loro espressioni sono cariche di maschere inquinate da cattivi colori, maschere come uscite dall’interramento di una strana sostanza organica putrescibile. E nel Cristo, al centro della scena, pare ravvivarsi il ritratto di Wilhelm Wander di Sodoma e Berlino di Ivan Goll:

Ivan Goll, Sodoma e Berlino… p.9

Era un gotico puro che s’inebriava del proprio dolore e che risuscitava, in questo secolo profano, un’ideologia mistica e profonda.

Il colore mistico presenta sempre nuove increspature magmatiche

Il colore mistico è così: deve esserci pur qualcosa d’altro oltre il livello superficiale su cui affiora il colore, ecco infatti un colore in cui la sua tonalità pare emersa dalle profondità d’una psiche dalla razionalità miseramente andata in rovina. Un colore impastato in tante tonalità, in cui è assolutamente impossibile riscontrarvene una tramite cui il colore possa giungere al suo massimo effetto di splendore: in esso è tutto un’atmosfera di tonalità che si muovono, respirano, ànsimano in uno spazio opprimente. È un colore che, gettato sulla superficie dello spazio entro cui è chiamato a realizzarsi, si ripercuote su tutte le altre tonalità come le ondine increspate provocate da un sasso lanciato in acqua.

Nel magma cromatico i colori si contagiano e si distorcono

Cosicché vi è sempre qualche nuova increspatura magmatica da scoprire su quella gettata di colori. Ogni colore (trasportato da quel magma cromatico) contagia l’altro, e le loro tonalità si muovono come sotto l’effetto di una distorsione, ognuna delle quali per essere non esclude l’altra. È l’unione mistica fra un colore che sprigiona tonalità inconsulte e queste stesse tonalità che compongono una fuga verso qualcosa di diverso, verso qualcosa che non si spiega come sia apparsa in quella maniera ai nostri occhi.

È un colore che sprofonda profondamente in se stesso. Il suo aspetto mistico deriva proprio dal fatto che in esso c’è: un colore più ampio di ogni altro colore, che penetra a fondo se stesso e le cose su cui si posa.

Il colore mistico è ossimorico: accende la luce di buio

Nelle opere pittoriche di Nolde… accade quindi l’inatteso: se il colore è chiamato a esprimere (ad esempio nella rappresentazione di un paesaggio) la profondità del cielo in ore ancora luminose, eccolo divenire un ossimoro: anziché accendersi di sprizzi luminosi, si accende di buio, ovvero la luminosità del cielo s’affiochisce in tonalità smaglianti di colori infoscati e tenebrosi, in tonalità fangose come di luce caduta dall’alto nell’acqua lutulenta di una pozzanghera.
Se invece il colore è chiamato a crearci un’impressione terrosa (che ci sposti la visione su di un campo grasso o spoglio, o sul selciato di una strada), allora si accende di luce, sino ad abbagliarci.

La visione mistica va al contrario

È la visione mistica che «va al contrario». Nei paesaggi di Nolde, assistiamo a una sorta di mondo alla rovescia: i cieli spesso si incendiano di cupaggine, avvampano di tinte tetre e taciturne, mentre in basso (nella nuda terra abitata da un acciarpamento di vegetali, o nel mare tutto in spuma e ribollío) i colori fríggono in una gamma di colori carichi di tonalità accese, piene di forti colorazioni.
Non è il mistico che vede le sue visioni sempre da un’ottica rovesciata?

Maria Maddalena de’ Pazzi, Le parole dell’estasi… p.80

Tu hai scritto prima l’altezza del mio verbo, scriverai ora la bassezza… Va al contrario. Quando eri quaggiù al basso scrivevi dell’alto, ora che sei in alto scrivi del basso…

Il colore muore in ciò che pare nascere e nasce in ciò che pare morire. In Nolde i colori sono affamati di colori, in ognuno d’essi si delinea sempre qualcosa d’altro da sé, colori cioè ora governati da colori che tolgono colore ai colori, ora governati da colori che schiaffano differenti tonalità in ogni sorta di colore.

Emil Nolde, La leggenda di Santa Maria Egiziaca, 1912, Essen, Folkway Museum
I colori si urtano e acquisiscono energia

Ogni colore deve misurarsi con una luminosità che sbràita il suo ultimo colore. Ne La leggenda di Santa Maria Egiziaca (pannello centrale) -1912, il giallo lampante del muro spara contro il rosso -caricato di rosso- della veste. I due colori urtano, e urtandosi conferiscono a se stessi un’energia maggiore; da questo contrasto emerge un altro colore, un colore più inquieto, più teso, in antitesi col suo stesso colore.

Il linguaggio visionario contro il linguaggio ordinario

È tipico dell’Espressionismo esaltare una pittura che urti, provochi, ecciti e aggredisca lo spettatore. È il linguaggio visionario a richiedere tutto ciò, perché conduca a vedere non con «il linguaggio umano ordinario», ma con quello ripiegato su se stesso del poeta, mistico e visionario:

Giovanni Pozzi, Introduzione in Maria Maddalena de’ Pazzi, Le parole dell’estasi… pp.30-31

Il linguaggio umano ordinario, pragmatico e ideologico, ha il compito di trasmettere attraverso il discorso i significati che gli preesistono e che sono concepiti come verità. Perché ciò avvenga bisogna che il linguaggio sia appropriato in relazione all’oggetto-verità da trasmettere (in quanto la parola è pertinente a quella verità) e in relazione al soggetto che lo trasmette (in quanto il parlante è depositario e proprietario di quella verità). Da lì derivano due altre caratteristiche: i termini devono coprire un solo significato (devono avere una manovalanza semantica) e devono essere congiunti in una linea continua e progressiva. Anche il parlato dei mistici suppone un significato-verità preesistente, che è il tesoro della fede, nelle sue componenti di unità e trinità, incarnazione, redenzione, resurrezione e gloria del Cristo e così via. Ma la verità intangibile viene concepita non come cosa che sta entro certi termini, bensì come cosa senza termine. S’inabissa allora la manovalanza del codice teologico ed emergono un’equivalenza del contraddittorio (antitesi, ossimori) e una non equivalenza dell’identico (tautologie, endiadi).

Antitesi, ossimori, tautologie, endiadi: il discorso perde la pertinenza dell’oggetto

È un indizio che il parlante ha perduto il possesso del proprio discorso e dei suoi effetti, il discorso non avendo più pertinenza con l’oggetto di cui parla. Quest’ultima è anche la condizione in cui si svolge il discorso poetico. Caratteristica sua è appunto un ripiegarsi del linguaggio su se stesso con lo scopo di accentuare il grado di semanticità.

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