Saggio sopra l'espressionismo

Erich Mendelsohn

L’energia del contatto con la natura

La forma architettonica organica si contrappone energicamente all’ortodossía delle regole canoniche: non è per la creazione di uno spazio che viva tra la pacificazione di forme fisse e immobili; è l’affermarsi di una energia strutturale che cerca di dialogare con l’intimità della natura.
Certo, un’espressività architettonica non può (per dirla con il protagonista de Il fuoco di D’Annunzio, Stelio Effrena) che condensarsi in forme viventi, come il risultato ottenuto dalla totale liberazione dalle «impronte ereditate»:

Gabriele D’Annunzio, Il fuoco, Mondadori, Milano 1977, p.317

Esprimere! Ecco la necessità. La più alta visione non ha alcun valore se non è manifestata e condensata in forme viventi. E io ho tutto da creare. Io non verso la mia sostanza in impronte ereditate. La mia opera è di invenzione totale.

Mendelsohn: contro la standardizzazione rigida

Fare architettura respingendo ogni forma di adeguazione alla prevedibilità, modellare una forma architettonica che non si abbandoni passivamente alla standardizzazione, ci conduce in particolar modo a Mendelsohn.
Per Mendelsohn si tratta, come nella costruzione della Torre Einstein, di «trovare una linea costruttiva che spezzasse la staticità rigida del trilite».

Gillo Dorfles, L’architettura moderna. Garzanti, Milano 1981, p.47
La Torre Einstein gesticola nell’atmosfera

Mendelsohn ha permesso all’architettura di mettere in consonanza il proprio corpo con lo spazio e di modellare su se stessa ciò che nasce dall’essenza del contatto con lo spazio, tant’è che nella Torre Einstein-Potsdam «l’involucro» plastico-architettonico «gremito di protuberanze e recessi, sembra gonfiato dalle prementi cavità interne, e gesticola nell’atmosfera», proprio come un corpo organico stimolato dal contatto con la natura.

Bruno Zevi, Erich Mendelsohn. Zanichelli, Bologna 1986, p.42

«Gesticola nell’atmosfera» come un corpo che si muova nel captare l’interiore musicalità di uno spazio che si propone non come luogo neutrale, chiuso in se stesso, ma come luogo compenetrato e modellato a immagine di una corrispondenza fra il bisogno dell’uomo e quello d’una ambientazione naturale.

L’energia utopistica della forma estetica e la sua funzionalità sociale

In Erich Mendelsohn infatti l’architettura nasce dalla equipollenza fra ciò che ha deformato e alleggerito la massa muraria dell’edificio, e ciò che si spinge a tracciare tecnologicamente una mappa per una fruizione socialmente utile. La forma estetica s’incàrdina in un’energia di matrice utopistica, è eticamente legata alla funzionalità, concepita ideologicamente per un fine specifico al servizio della comunità fruitrice.

Orizzontalità e verticalità, oggettività e soggettività

Inoltre, nel caso specifico della Torre Einstein-Potsdam, le variazioni formali tradiscono la classica impostazione stereometrica con forme tattili.
La forma base, ovvero l’interazione fra orizzontalità e verticalità dell’edificio, fra peso visivo e materia edilizia, viene ri-formata:
l’architettura deve come spingere in fuori una sua natura interiore; la sua azione strutturale, mediante la sua azione plastica, deve divenire quel corpo spregiudicatamente irregolarizzato, con cui la stessa natura organica assurge alla profondità e al processo di un processo in processo.

In Mendelsohn l’architettura, oltre ad avere come fine l’oggettivazione di uno spazio funzionale a un’esigenza collettiva, deve anche esternare la volontà di conferire alle sue forme un’azione soggettiva e immaginativa.

Spazio intravertito ed estravertito (aperto all’altro da sé)

L’urgenza di fondere l’architettura sul principio di spazio concepito sia secondo un’esigenza collettiva sia secondo un’esigenza soggettiva -intimistica-, ci rimanda a una perfetta interazione fra spazio intravertito ed estravertito (vedi Carl Jung, in riferimento a due tipi umani psicologicatamente in contrapposizione).

Spazio intravertito chiuso in se stesso

Lo spazio architettonico intravertito è uno spazio che se ne sta chiuso in se stesso; orientato su un movimento centripeto, sprofonda in se stesso, si immedesima più nella riverberazione dell’individualità che nel calore irradiato da una collettività.
È uno spazio che non vuole tuffarsi in altro da sé, cerca di mettere il fruitore a proprio agio con se stesso.

Spazio estravertito accessibile agli altri

Lo spazio estravertito si rende invece accessibile agli altri, si adatta alla necessità degli altri, studia il mondo esteriore per meglio comprenderlo, impegnandosi così in una interazione dialogica fra il suo interno e l’esterno.
A partire da ciò, l’architettura di Mendelsohn (e in generale quella espressionista) si attua in un duplice movimento: l’uno va, a partire da sé, verso l’altro; l’altro va verso se stesso, partendo dall’altro.

La distruzione della frontalità

Tale contrasto si evolve in un tipo di architettura che ha per sé, letteralmente, distrutto la frontalità (e la bipolarità fra diverse frontalità, senza che se ne specifichi una in particolar modo, fu già uno dei tanti requisiti atti a soddisfare le esigenze di multiformità dell’architettura gotica):

Arnold Hauser, Storia sociale dell’arte (vol.I)… p.266

La dissoluzione della forma cubica chiusa e l’emancipazione della plastica dall’architettura sono i primi passi del gotico sulla via di quella rotazione delle figure con cui l’arte classica metteva in moto l’osservatore. Anche qui il passo decisivo è la soppressione della frontalità.

Infinitezza

È un’architettura che annulla -come quella gotica- la finitezza della monumentalità immergendosi nell’annullamento del “finito”. Infatti

Bruno Zevi, Eric Mendelsohn… p.13

immagini “non finite” trascinano l’osservatore nel farsi dell’architettura, lo addentrano in un procedimento creativo. (…) L’organicità volumetrica, misurabile nella fattura degli spigoli, nella cadenza accelerata o rallentata, ipertesa o flaccida, dei passaggi angolari; il fondersi dell’impianto spaziale col guscio che lo contiene; lo slancio emotivo rabbioso e ruggente o trattenuto

fanno dell’architettura di Mendelsohn una forza ebbra di infinitezza, di accelerazioni e decelerazioni continue, che temporalizzano l’oltre la fisicità della forma-spazio fenomenica.

fabio d'ambrosio editore
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