Saggio sopra l'espressionismo

a Oskar Panizza di George Grosz

Le figure di Grosz vengono dal dominio del malefico, evidenziano la piaga sociale di una società senza valori

Le figure di Grosz sono l’emblema di un esistente che si autofústiga grottescamente con la propria negatività. Figure che provengono dal dominio del malefico, impegnate a evidenziare un’impressionante piaga sociale.

George Grosz, Il funerale. Dedicato ad Oskar Panizza, 1917-18, Stoccarda, Staatsgalerie

La società, trivializzata da un proprio svuotamento etico, dà a quei colori il suo mucchio di miserevolezze. Il ritratto dell’impotenza e della rassegnazione, e il catastrofico coacervo di presenze morbose, caratterizzano la temporalità di una desolazione sociale riconducibile alle proprie atrocità in atto.

Un caos a tinte aspre

Tutto ciò ci conduce in un caos sociale proiettato a tinte aspre. Le tonalità cromatiche vengono contrastatamente sensibilizzate da colori violenti, trattati come obiezioni rivolte a una società disfatta dalla propria decadenza.

Una visione carnascialesca

In A Oskar Panizza di Grosz si insinua la parte grottesca di una visione carnascialesca, che assedia l’intera composizione con la raffigurazione di una collettività oscura e sardonica, èbbra e facinorosa, informe nella sua dimensione di caos sociale. Il vorticismo caotico delle figure genera confusione, disorientamento, agitazione.

La confusione delle figure: la frattura fra individuo e società

Vorticismo di corpi massificati, entro cui il ritratto di ogni figura irrompe come momento degenerativo dell’individuo, come maschera grottesca del borghese e del militare colta nel culminante sarcasmo di una tragicommedia appiattita sull’irrealizzazione dell’individuo sociale. Ognuna di quelle grottesche maschere, infatti, appartiene a individui isolati, emarginati, irrazionalmente racchiusi in una propria scempiata follia. Tutta la composizione si fa ruggito, sputa dolore di sopravvissuti, annuncia il distacco, la frattura fra l’individuo e la società. Le figure alludono alla temporalità di un presente ridotto a residuo.

La frammentarietà del residuo contrapposta alla visione d’insieme

La realtà non è più idealizzata, non è più intesa come l’espressione di una fantasia relegata nei sogni, non è neppure la reincarnazione di una visione proveniente da una liricità misticheggiante, e non appare profumata dall’anelito interiore di un flusso sentimentale. La realtà qui sembra riguardare oggettivamente la messa in atto di una collettività disgregata socialmente. L’esasperato vorticismo delle facce-maschere… getta sulla folla la materia depravata di un mondo catturato nel vitalismo di una logica di svuotamento. Il colore viene dato come un mondo lacerato dall’impetuosa scansione temporale della frammentarietà: alla visione d’insieme si è contrapposto il residuo, il singolo isolato in mezzo alla massa di popolo; il tessuto urbano risulta decontestualizzato dal suo orizzonte sociale.

fabio d'ambrosio editore
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