Per entrare nell’Espressionismo, occorre lasciarsi alle spalle quella popolazione di preconcetti che ci ha sempre offerto garanzie per il nostro equilibrio psicofisico. Occorre distaccarsi da quel che siamo. A contatto con l’Espressionismo… ciascuno ritrovi se stesso lontano da se stesso.
Esso richiede una mente aperta, infiammabile anche al solo contatto con l’aria aperta. Il nostro corpo deve scendere in istrada (andare incontro al pluralismo della vita), non deve seguire nessuna ambizione che non sia quella di una carne desiderosa di esporci alla terribilità del corpo della strada, alle sue presenze impetuose e al suo rispetto del mondo che gli passa addosso.
L’Espressionismo ci invita a guardare negli occhi del mondo, nelle crepe dei suoi corpi, nei suoi quartieri malfamati, nella sua miseria, nei suoi sotterranei, nelle sue parti anatomiche difformate, nella sua corporalità esclusiva e superflua, organica e inorganica.
Occorre inforcare il vento perché l’Espressionismo ci infiammi. Occorre essere contro quel genere di Arte fatta per starsene fuori del mondo, contro quell’Arte cioè concepita come un tempo che sia passato senza aver visto ciò che le passava accanto.