Saggio sopra l'espressionismo

il Decadentismo: oltre la percezione della forma fenomenica

Il Decadentismo e la crisi dell’Io

L’Io esiste, nel Decadentismo, come un’entità che non corrisponde più schematicamente alla percezione assoluta del reale: è simile a una linea spezzata, non più riconducibile alla certezza di aver percorso la direzione giusta, essenziale per raggiungere un punto.
L’Io, pertanto, non vi esplica più i propri comandamenti, non risponde più alla necessità di essere in assoluto se stesso, non si dispone più in un luogo sicuro, al riparo da tutto, occupato a sentirsi ben piantato sul terreno della verità.

Il fallimento della società e del pensiero positivo

Fra il malessere espresso da una società in crisi, che non crede più alla salvezza di un progresso salutare, e il fallimento di un pensiero positivista che più non possiede il necessario ottimismo per guardare con serenità sia all’oggi sia al domani, subentra la messa in crisi dell’Io: l’Io subisce il deteriorarsi di una società borghese che aveva basato i propri valori sociali sullo
sviluppo industriale ed economico.

La crisi dell’ideologia e l’allontanamento dell’arte dal naturalismo.
Hermann Bahr, Il
superamento del naturalismo. SE, Milano
1994, p.105

Dal 1873 (anno in cui la Borsa di Vienna subisce il collasso) al 1895 (anno in cui viene introdotto nell’industria americana la catena di montaggio da Frederik W. Taylor), tutta la società occidentale perviene a una crisi ideologica che si traduce, per ogni espressione d’arte, in un categorico allontanamento dal «naturalismo», per condurla «alla ricerca di novità», alla sperimentazione di «molte cose», di molti stili, di molti linguaggi, di molte tecniche, all’allontanamento dalla «realtà intelligibile», al tuffo in tutte le cose percepite profondamente coi sensi e oltre i sensi.
Il visibile non si traduce in un esistente certo, in una acquisizione di verità, in una percezione sensoriale subordinata alla scoperta della vera essenza delle cose.

La percezione sensoriale entra nell’interiorità del visibile

Per questo la percezione sensoriale mira al  conseguimento di una volontà che la induca a viaggiare nell’interiorità del visibile, ad attraversare il mero
aspetto fenomenico, al bisogno di tradursi in uno stato percettivo, indipendente dalla percezione dei cinque sensi. Viaggiare oltre il visibile deve trasformarsi, in concreto, nel desiderio di attraversarlo.

Decadentismo: estendere i sensi oltre la normale capacità percettiva

Dice il Decadentismo: la realtà visibile è solo l’espressione fenomenica che prende forma sotto l’impulso soggettivo dell’individuo: per andare alla
ricerca della sua dimensione periferica, interiore, occorre estendere i propri sensi oltre la propria normale capacità percettiva.
Il Decadentismo è in colui che spinge la propria sensibilità nella ricerca dell’impercettibile, dell’indefinito, e del superamento del visibile offerto e imposto dalla natura.

L’artificioso decadentista, contro il naturale

Ed è per questo che una delle sue caratteristiche è

Hermann Bahr, Il superamento del naturalismo… p.99

la propensione all’artificioso. Lontani dal naturale, essi vedono la vera dignità dell’uomo e vogliono evitare a ogni costo la natura. Roger de Salins di Maupassant coglie la loro opinione: “Sì, ma io dico che la natura è la nostra nemica, e che bisogna lottare di continuo contro di lei, perché non ci riporti senza tregua verso la bestia. Quello che v’è di pulito, di grazioso, di elegante, d’ideale sulla terra, non è stato Dio a porvelo, ma l’uomo, il cervello umano”.

Decadentismo vuol dire: muovere la propria percezione verso la visione di ciò che non si è mai percepito né visto. Le cose devono accadere -o esser viste- sotto la visione di un occhio in grado di intravedere come al microscopio.

Il linguaggio decadentista alla ricerca di più ampie vedute

Anche il linguaggio deve abbracciare più ampie vedute, deve essere in grado di estendersi nella direzione in cui le cose appaiono in maniera diversa da come si percepiscono. Questo bisogno nasce, nel decadentista, dal fatto che la visibilità percepita non è in grado di dare altro da sé; desiderare l’inimmaginabile è dare al linguaggio la facoltà di immaginarselo.

Nella pittura di Redon: immersione in una visione straniante, incongrua, paradossale.
Odilon Redon, Il
ragno che sorride,
1888 (litografia)

Non è così che nella pittura di Redon avvertiamo l’esperienza di una percezione sensistica che abbia sentito l’impulso di immergersi in una visione tanto straniante quanto assurda e surreale, tanto illogica quanto paradossale, tanto incongrua quanto incompatibile con la razionalità, tanto stravagante
quanto impossibile da credere che esista persino nei sogni?
Redon ci mostra esseri, cose e paesaggi come fossero stati partoriti da un’esperienza visionaria negativa, provocata dall’assunzione della mescalina che,
mettendoci in contatto con l’intima natura di una visione come percepita da un certo grado di schizofrenia, ci lascia in balía di immagini provenienti
dalla regione degli ínferi. Infatti…

Aldous Huxley, Le porte della percezione. Paradiso e Inferno… pp.108-109

L’esperienza visionaria negativa è spesso accompagnata da sensazioni del corpo di un tipo speciale e caratteristico. Le visioni beatifiche sono generalmente associate a un senso di separazione dal corpo, a un sentimento di spersonalizzazione. (È, senza dubbio, questo sentimento di spersonalizzazione che permette agli indiani, i quali praticano il culto del peyotl, di usare la droga non soltanto come scorciatoia per il mondo visionario, ma anche come strumento per creare un’appassionata solidarietà nel gruppo partecipante).

Esperienza visionaria negativa della mescalina

Quando l’esperienza visionaria è terribile e il mondo è trasfigurato nella maniera peggiore, l’individualizzazione è intensificata e il visionario negativo si trova associato a un corpo che sembra
diventare progressivamente più denso, più strettamente compatto, finché alla fine si trova ridotto a essere la coscienza in agonia di un blocco di materia condensata, non più grande di una pietra da tenersi tra le mani.
È degno di nota che molte delle pene descritte nelle varie relazioni dell’Inferno sono pene di pressione e costrizione. I peccatori di Dante sono sotterrati nel fango, chiusi nei tronchi degli alberi, congelati in blocchi di ghiaccio, schiacciati sotto le pietre.

L’Inferno della schizofrenia

L’Inferno è psicologicamente vero. Molte delle sue pene sono sperimentate dagli schizofrenici, e da coloro che abbiano preso la mescalina o l’acido lisergico in condizioni sfavorevoli.
Qual è la natura di queste condizioni sfavorevoli? Come e perché il Paradiso si trasforma in Inferno? In alcuni casi l’esperienza visionaria negativa è il risultato di cause principalmente fisiche. La mescalina tende, dopo l’ingerimento, ad accumularsi nel fegato. Se il fegato è malato, la mente che gli è associata può trovarsi nell’Inferno. Ma ciò che è importante per i nostri scopi attuali è il fatto che l’esperienza visionaria negativa può essere indotta con mezzi puramente psicologici.

Timore e ira portano all’Inferno come la mescalina

Timore e ira sbarrano la via al celestiale Altro Mondo e buttano all’Inferno il consumatore di mescalina.

La visione dell’impercettibile la si può ottenere solo se si trascina la quotidianità nel prodigioso mistero che sottende il non visibile.

Oltre l’abitudinarietà dell’automatismo della percezione

Oltrepassare gli angusti confini della quotidianità, alimentare nella mente la capacità di sollecitare immagini anche attraverso la distorsione di uno stato delirante o di superba ebbrezza, tutto ciò è implicito nella poetica del decadente. Perché? Perché la realtà è una realtà non vera; perché i sensi, dilaniati dall’automatismo della percezione, non sanno spingersi oltre ciò che è conforme alla sensibilità del proprio automatismo. Per spezzare l’abitudinarietà dell’automatismo, tutti i nervi devono tendersi nella sensibilità suprema (come è vero che chi non si spinge come Rimbaud verso l’ignoto, non porta l’ignoto verso se stesso).

Estetica decadentista attratta da eccesso e perversione

Il Decadentismo è l’estetica del morboso, del malsano, del cinismo, dell’oscuro, del malèdico, del maligno, dell’orrido, dell’aspro, della monomanía, dell’eccesso e della perversione, tant’è che tutto ciò ch’è naturale alla quotidianità dev’essere degenerato, corrotto e stravolto sia da una sensibilità inerente (per dirla metaforicamente) a uno stato d’animo in preda all’ebbrezza bacchica e dionisiaca, sia dagli effetti soporiferi dell’hascisc;

Charles Baudelaire, Poesie e prose… p.443

Il vino esalta la volontà; l’hascisc l’annulla. Il vino è sostegno fisico; l’hascisc è un’arma per il suicida. Il vino rende buoni e socievoli; l’hascisc isola. L’uno è, per così dire, operoso, l’altro fondamentalmente pigro.

Perché prestare la propria sensibilità (oscillando fra l’esaltazione bacchica e la depressione alienante provocata dall’hascisc) al servizio del pervertimento,
del peccato, del perturbamento? perché lasciarsi trasportare dall’esigenza di contrariare quel tipo di ordinaria visione impegnata quotidianamente in difesa dell’abitudinarietà? perché dissacrare la realtà per indurre i sensi a percepire fatalmente l’inviscerato, l’occulto, l’invisibile?

L’uomo è depravato e depravatore e il paradiso zuccheroso non è vero

Perché la visione di un paradiso zuccheroso, caduto come la manna dal cielo sul mondo, non corrisponde al vero; perché l’uomo, còlto nel vero, è un pervertito e un pervertitore, è un depravato e un depravatore, è un corrotto e un corruttore:

Charles Baudelaire, Poesie e prose… p.1041

Impossibile scorrere una gazzetta qualsiasi, di non importa che giorno, mese o anno, senza trovarvi, a ogni riga, i segni della più spaventosa perversità umana e, in pari tempo, le più stupefacenti vanterie di probità, di bontà, di carità, e le più sfrontate affermazioni riguardo
al progresso e alla civiltà.

Il disgusto dei giornali, dal progresso al delitto

Ogni giornale, dalla prima all’ultima riga, non è che un contesto d’orrori. Guerre, delitti, furti, impudicizie, torture, delitti dei principi, crimini delle nazioni, delitti dei privati, un’ebrezza d’atrocità universale.
E con questo disgustante aperitivo l’uomo civile accompagna il suo pasto d’ogni mattina.
Tutto, in questo mondo, trasuda il delitto: il giornale, i muri e il volto dell’uomo.
Non capisco come una mano pura possa toccare un giornale senza una convulsione di disgusto.

Il Decadentismo guarda all’inconscio e ritrae l’angoscia, il male e la voluttà

Il Decadentismo è incline a mettere occhi e orecchi nelle sfere inaccessibili dell’inconscio: la pittura può ritrarre l’angoscia emersa dai mostri inconsci o abbandonarsi ai colori insopprimibili di una erotica voluttà che
trafigga e tormenti coi suoi estenuanti paradossi sensuali:

 

Charles Baudelaire, Poesie e prose… p.985

l’unica e suprema voluttà dell’amore sta nella certezza di fare il male. -E l’uomo e la donna sanno fin dalla nascita che il male è fonte d’ogni voluttà.

L’ansia del mistero e del non-finito può suonare le sue note per mezzo di tutte le tonalità del visibile e dell’invisibile; la musica può farsi energia di un
cromatismo che celebri, attraverso infinite gamme di colori, il suo connubio con la creazione fantastica della natura e le sue impenetrabili atmosfere dell’impercettibile.

Il linguaggio dello spleen, satanico torpore

Il preziosismo linguistico, per appuntare il linguaggio in tutto ciò che vive nello spleen e nel suo satanico torpore dovuto a un certo compiacimento della tristezza esistenziale, pròspera nelle dissonanze (bisogno di conquistare in un solo colpo d’occhio tutti gli opposti: il tragico e l’umoristico, il luttuoso e il carnevalesco, ecc.). Il linguaggio decadentista investe la scrittura col passarla da parte a parte con una tavolozza prismatica di tonalità cromatiche spinte alla dissonanza degli eccessi: scrive Théophile Gautier nella nota introduttiva ai Fiori del male di Baudelaire, nel 1868:

Charles Baudelaire, Fiori del male. Sonzogno, Milano 1893, p.17
Baudelaire e la follia: stile pieno di ricercatezza, ai limiti della lingua

Il poeta dei Fiori del male amava quello che si chiama impropriamente lo stile della decadenza, e che non è altro se non l’arte pervenuta a quel punto di estrema maturità cui volgono, prossime al tramonto, le civiltà che invecchiano: stile ingegnoso, complicato, sapiente, pieno di gradazioni e di ricercatezze, estendente sempre i limiti della lingua, che prende qualche cosa a tutti i vocabolarî tecnici, colori a tutte le tavolozze, note a tutti i tasti, sforzandosi ad esprimere l’idea in quello che ha di più ineffabile, e la forma ne’ suoi contorni più vaghi e fuggevoli, ascoltando, per tradurle, le confidenze sottili della nevrosi, le confessioni della passione che, invecchiando, si deprava, e le strane allucinazioni dell’idea fissa, che volge alla follia.

Il Decadentismo è appassionato di tutto, senza pregiudizi

Il Decadentismo è la decadenza di tutti i linguaggi che vivono nell’ansia del ricostruirsi, ed è perciò un linguaggio liberato, consapevolmente, dalla struttura ingabbiata in quella logica classica che ha sempre imposto, categoricamente, ciò che è o non è poetico, ciò di cui si può dire in poesia e ciò di cui non si può dire.
Il Decadentismo è appassionato di tutto: il bello e il brutto, l’angelico e il demoniaco possono prendersi a braccetto e camminare insieme; insieme, dialetticamente, possono liberamente dialogare, senza pregiudizi di sorta.
Il culmine del Decadentismo sta nei suoi paradossi e nelle sue contraddizioni:

Charles Baudelaire, Poesie e prose… pp.989, 996, 999

– … in politica, vero santo è colui che fustiga e uccide il popolo, per il bene del popolo.
– Nel cattivo gusto c’è, d’inebriante, il piacere aristocratico di non piacere.
– Il mondo sta per finire. La sola ragione per la quale potrebbe durare è che esiste.

Il Decadentismo si dà a Satana. Ma «darsi a Satana, che cosa significa?»

Charles Baudelaire, Poesie e prose… pp.997, 995

Significa essere per un’arte che viva nell’inscindibilità di grottesco e tragico, poiché «il miscuglio del grottesco e del tragico è piacevole allo spirito, come le dissonanze agli orecchi sazi».

Charles Baudelaire, Poesie e prose… p.985

Significa essere per un’arte che esprima l’amore in tutto il suo fascino satanico, libertà di navigare liberamente nel suo inventario di ossessioni erotiche, nel suo tumulto verbale, nelle sue atroci estasi («l’amore somiglia molto a una tortura o a un’operazione chirurgica»).

Charles Baudelaire, Poesie e prose… p.1093

Significa essere per un’arte che non si rifiuta di rappresentare, della commedia umana, anche ciò che si scontorce negli organi fisiologici di un corpo che si rivolti nel truogolo di sfrenati godimenti, poiché in verità «non possiamo fare all’amore che con organi escremenziali».
Le contraddizioni dell’arte decadentista, arte ossimorica Significa essere per un’arte capace di tuffarsi in preziosismi dalla parlata ambigua e in un linearismo imprevedibile, sinuoso, fluido e contorto, uniformato alla percezione di violenti e sensuali emozioni (Gustave Moreau).
Significa essere per lo splendore oscuro ed eccentrico (Joris-Karl Huysmans);
per il sublimato e l’infangato (Paul Verlaine, Tristan Corbière);
per il ritratto psicologico del demoniaco (Villiers de L’Isle-Adam, Lautréamont);
per immagini cesellate -matematicamente o dal delirio- da accostamenti insoliti (Stéphane Mallarmé, Arthur Rimbaud);
per l’angelismo satanico, e per la rattristante -sia pure esotica- oreficeria del demoniaco e dello spleen (Charles Baudelaire).

Tra visioni d’oltretomba e macabre pagliacciate

Significa essere per un’arte che elabori grottesche mascherate da oltretomba e macabre pagliacciate –umane troppe umane– (James Ensor, Rodolphe
Bresdin, Félicien Rops);
significa essere per la visionarietà del mistico, per l’evocazione di sogni e incubi, per la vegetazione antropomorfa, per il difforme e il misterioso, per la
fermentazione dell’inquietudine, per lo sguardo verso lo spettro dell’ignoto, per i giochi cromatici terrificanti e il contorto repertorio del fantastico (Odilon Redon).

Il decoro stilistico perverso e sensuale

Significa essere per un’arte in cui il decoro stilistico del perverso non sfugga alla perversione di una visionarietà indecorosa, né al simbolismo di un sensualismo esoterico e misterioso.
Significa essere per un’arte che, nascendo dall’opposizione al naturalismo, si apra sia alla rappresentazione di avvilenti cromatismi di impietose
morbosità psicologiche del concupiscente, sia alle vibratezze cromatiche provenienti dall’invisibile e da una visione alterata.

I fiori del male che sorgono dalla putredine della società

Sul quotidiano La Tribuna (10 giugno 1885), D’Annunzio esalta, nell’arte del simbolista Félicien Rops, facendo riferimento ai Fiori del male di Baudelaire, quel certo sentore di putredine che caratterizza la società parigina (e non solo parigina) di allora, dichiarando che

Gabriele D’Annunzio, Piccolo corriere, in Le cronache de La Tribuna (vol.1). Boni, Bologna 1992, p.277

i fiori della sua arte sono fiori del male, fiori che sorgono nutriti dalla putredine della vita contemporanea. Egli è uno di quelli che si chiamano decadenti e che amano e studiano la decadenza e vogliono nella decadenza rimanere.

Walter Binni, La poetica del Decadentismo… pp.14, 22-23

La poetica del Decadentismo è ben riassunta da Walter Binni:

Rimbaud, con una violenza senza precedenti, significò soprattutto l’ebbrezza della modernità e della padronanza del mondo più segreto e più rivoluzionario attraverso la padronanza delle immagini…(…)

Mallarmé forma una tradizione letteraria

Nessun poeta aveva finora condotto il problema della poesia
come rivelazione alla precisione assoluta cui la condusse Mallarmé, il quale si può dire crei quella ricchezza ed esattezza di poetica, che permette il formarsi di una tradizione letteraria: egli è un po’ il Petrarca del Decadentismo. (…)

Morale: eroica
Poetica: creazione ex nihilo

Dato questo nuovo senso del mondo sensibile e spirituale e della poesia, è proprio il concetto di creazione che subisce una trasformazione radicale: come in morale il Decadentismo porta ad una morale eroica (il superuomo, il dandy) distinta da quella dei comuni mortali, così in poetica creazione viene a significare creazione ex nihilo, creazione di un nuovo mondo rappreso magari in una sola parola, creazione che deve valere in senso assoluto, oltre il senso inevitabilmente creativo che non può non avere ogni nuova espressione artistica.
La novità urge, insieme alla volontà di assolutezza… (…)

Disprezzo per il passato classico e tradizionalista

E alla novità segue il massimo disprezzo per il passato, per quella specie di ammaestramento dei classici che serva quasi a dare una patina arcaica ai poeti tradizionali. (…) fra tutte le relazioni sessuali essi prediligono l’incesto che ha maggior forza di novità e di ribellione alla legge comune.
Scelgono gli ambienti più raffinati e più morbidi, la storia nei suoi momenti barbarici o estenuanti: Bisanzio o le orde. Il tipo di donna è ancor più malata, esangue, trasumanata e insieme feroce che non la belle dame sans merci della letteratura romantica… (…)

L’arte scambiata con la vita: arte come morale, morale come arte

… l’impostazione decadente della vita: è fondamentale lo scambio che i decadenti operano fra arte e vita, facendo dell’arte una morale, un metodo di salvazione, e della morale un’arte, un’armonia estetica ed eticamente spregiudicata.

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