Saggio sopra l'espressionismo

l’usura dell’esistente nel linguaggio estetico espressionista

La natura in cui l’uomo deve rispecchiarsi

La natura è la nostra casa, dice l’Espressionismo. La natura è naturale all’uomo, quindi perché essere estranei all’interdipendenza tra uomo e natura, perché consegnare la natura in mano all’artificiosità dell’uomo? La vita è, per l’Espressionismo, tutta da attingere alla potenzialità della natura.

Spiritualità romantica nella natura

Eccoci così a una spiritualità romantica lasciata liberamente vivere nella viva materia della natura, per consentire che l’uomo si rispecchi in essa.

Ma… che effetto potrebbe fare all’Espressionismo un paesaggio (o naturale, o urbanistico) deturpato dall’uomo? L’effetto di un trauma patito sia a livello corporeo sia a livello psichico. Perciò condurrebbe la forma estetica della sua arte a sentire quella dolorosa esperienza di vita, e sarebbe inoltre portato a non sopportare più l’immagine convenzionale della vita. Si chiederebbe (prescrivendo a se stesso uno sguardo critico sulla vita):

Gottfried Benn, Lettere a Oelze 1932-1945. Adelphi, Milano 2006, p.25

… la vita? non è sempre stata così, forse, non è sempre stata rappresentata e vista, nel suo apparire, in maniera così abissalmente diversa da come viene percepita nella sostanza? Queste lenticchie d’acqua sullo stagno, che noi chiamiamo fede, amore, speranza e conquiste del progresso, Stato e storia, e, sotto, il nulla assoluto?

La distruzione di sé e della propria forma estetica

Per l’Espressionismo, il deterioramento della sua forma estetica e della sua materia cromatica diviene pertanto allusivo: è ciò che prende forma (oltre che dalla discesa nell’inconscio) dalla strada e dalla tangibilità tattile della sua temporalità; è l’usura delle cose che sono e che vivono nella pluralità dell’esistente; è l’uomo definito dalla propria autodistruzione; è la vuotità di un’intera vita, che si arricchisce di una forma bucata da un vuoto bucato. La sua arte diviene così un giudizio morale. Vive nella necessità di contraddire ciò che è da contraddire. Osserva il mondo da una visione etica. Rifiuta l’idea di osservare il mondo standosene zitto. E dunque… urla.

L’urlo e la negazione dell’Io

Urlando… l’Espressionismo nega la fede nell’Io. Si annuncia nell’angoscia della perdita del sé, dandosi alle escavazioni esistenziali, all’imperativo della temporalità che si rapporta alla natura gravitazionale della terra.
Fuori dall’appropriazione dell’individualismo, l’Espressionismo ha assunto su di sé la sofferenza caleidoscopica dell’individuo e della specie umana.

La parola espressionista come strumento di analisi e critica del sociale, violentemente avversa alla liricità

Di conseguenza la parola lirica espressionista (così pure l’arte) diviene strumento di analisi del sociale, critica al sistema vigente e alla sua contemporaneità storica. Calandosi nell’ambiente sociale in cui il poeta vive, essa assume su di sé tutti i suoi caratteri psicosomatici. Il suo diritto alla vita… si risolve nel diritto a risvegliarsi dal pietismo catatonico di una liricità sottomessa alla malinconia dell’Io e alle sue puerilità estetiche, con l’urlo di una violenza insperabile. Se essa si dà a disvelare l’esistenza di un esistente tragico, commisurato a una forma sociale svuotata di significato, è perché accetta per sé, per la propria ragion d’essere, l’inderogabile necessità etica di riconoscere che

Robert Musil, Pagine postume pubblicate in vita. Einaudi, Torino 1981, p.10

in un mondo pieno di gemiti e di strida, pubblicare storielle e considerazioni di poco conto, occuparsi di problemi secondari (quando ve ne sono tanti di principali), indignarsi per avvenimenti di scarsa portata, può apparire senza dubbio come un segno di debolezza…

Il gioco linguistico svuotato di significato, il frammentario, il cromatismo verbale burlesco

L’Espressionismo è, sia in arte che in letteratura, sempre un urlo da urlare a pieni polmoni anche quando si fonde, indissolubilmente, a un linguaggio rettificato dalla realtà burocratizzata dall’esistente. Il gioco linguistico svuotato di significato, il linguaggio che crolla sulla caratterizzazione del frammentario, traforato da un cromatismo verbale burlesco, messo in atto da Christian Morgenstern nella sua raccolta di poesie Galgenlieder -Canti della forca-, edita nel 1905, è un linguaggio che parla da un individuo che impersona l’impersonalità gretta e misoneista del borghese.

L’autorità di Christian Morgenstern: allegoria del linguaggio “burocratese” dell’impersonalità borghese gretta e misoneista
Kurt Schwitters, Die Ursonate, Der Merz, nr. 24, 1932

Ne L’autorità, il linguaggio poetico diviene l’allegorizzazione del burocrate e del suo linguaggio “burocratese”: il senso della poesia sta tutto nel ridicolizzare il tipico linguaggio burocratico, di fronte al quale ci si trova sempre alle prese con una comunicazione che, pedantescamente, si dà a logicizzare l’illogico con una struttura discorsiva che finisce per illogicizzare il logico:

Christian Morgenstern, Canti grotteschi. Einaudi, Torino 1966, p.76

L’AUTORITÀ
Un oltremodo modulo complesso
di sino ai denti armato questionario
deve Korf riempire al Commissario
di Polizia, fittissimo; ed in esso

deve indicare: 1. a quale egli appartenga
ceto; 2. da quale luogo egli provenga;

3. della nascita il luogo il giorno l’anno;
4. le competenti autorità che gli hanno

facoltà di risieder qui concessa;
5. risorse pecuniarie ch’ei confessa;
6. religioso Credo ch’ei professa.

Chi non è a tali norme ottemperante,
lo schiaffano in guardina sull’istante.

Sotto, Firmato: Pròspero Pappònica.
Di Korf ecco la réplica lacònica:
«In seguito a un’indagine espletata,
la persona, qui sotto incasellata,

a codesta Sezion Molto Onorifica,
in veste si presenta ed in qualifica

di priva esente immune e alfin sprovvista
d’esistenza, nel senso di chi esista

debitamente ai sensi usati civici
della pratica acclusa, evasa ai margini.

Il Sopra – e Sottoscritto (conciossìacosaché, ignaro di burocrazia,
deplorerebbe intenzionale un trucco)
Korf (All’Ufficio X di Polizia)».
Leggendo ciò, il Questor restò di stucco.

fabio d'ambrosio editore
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