Saggio sopra l'espressionismo

seconda premessa

Espressionismo: pensare il pensato vuol dire annullarsi nell’Altro per capire l’Altro

Per poter parlare dell’Espressionismo occorre pensare sul già pensato. Pensare sul già pensato vuol dire lasciare che il pensiero ecceda dal suo unico
punto di vista e, oltrepassato quest’ultimo, si ponga a dialogare con pensieri che, pur avendo già pensato, abbiano ancora tutto da pensare.
Pensare, infatti, è un po’ annullarsi in ciò che si pensa. Per poter meglio entrare col pensiero nell’oggetto da pensare, occorre che il pensiero vi entri senza rimanere attaccato a se stesso: annullarsi nell’Altro… per poter capire l’Altro.

Potrei capire il pensiero dell’Altro se traversassi il pensiero dell’Altro come chi traversi gli oceani alla ricerca di terre sconosciute.

Dialogare per crescere, aggiungendo valore al pensiero

Se dialogo con l’Altro è per aggiungere, prendendo dall’Altro, un valore in più al mio pensiero: ovvero fare a meno di un pensiero che presenti in sé solo concezioni provenienti per lo più dai luoghi comuni e dai punti fermi, fissi su se stessi.

Se cerco dialogo è perché intendo crescere, avanzare: non terminare, ostinatamente, in ciò che ho pensato a partire da ciò che ho già pensato.
Togliere dal mio pensiero tutto il pensato a cui ho già pensato; essere continuamente in preda al tormento di un pensiero che sappia di non aver ancora sufficientemente pensato.

Cercare è il presupposto per trovare, trovare non è il fine del cercare

Cercare… senza vivere nell’ambascia di trovare qualcosa a tutti i costi.
Si può cercare anche senza illudersi di trovare. Non è detto che cercando si arrivi inevitabilmente a trovare.

Rappresentando una realtà terrificante, la materia estetica diventa terrificante,
non si possono più rappresentare forme già rappresentate dal Bello

Da pensiero a pensiero, da vissuto a vissuto, in rapporto al contesto sociale in cui nasce (prospiciente a una imminente catastrofe bellica mondiale), l’Espressionismo non poteva che chiedere di togliere alla propria arte la rappresentazione del già rappresentato (e del già pensato), non poteva che scendere nella rappresentazione di una realtà smontata dall’azione del terrificante.

A partire da una realtà terrificante, l’Arte non può continuare ad attribuirsi forme già rappresentate dal Bello. Essa deve rappresentare il mondo in base alla materia di cui è fatto: se il mondo è terrificante, allora la sua materia estetica sarà percepibile come terrificante, sarà cioè terrificante.

L’Arte assume un compito diverso: non più dilettare ma terrificare

Ma perché l’Arte arrivi a rappresentare il terrificante (dopo esser stata per millenni il segno denotativo del Bello) deve necessariamente rifarsi, assumersi un compito diverso da quello che ha sempre dovuto assumersi: non più dilettare… ma terrificare.

fabio d'ambrosio editore
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