Ma quanto mistero v’è nella sproporzione? Se provassimo a penetrare il linguaggio naturale della natura e di tutte le cose che concorrono a renderla quale è, non dovremmo ammettere che tutta la sua bellezza consiste nell’incongruenza che viene a determinarsi tra ciò che nella natura stessa ha vita propria e ciò che la vita ce l’ha dal contatto con altre cose?
È nell’armonia della disarmonia degli opposti che possiamo scorgere l’armonia della natura. Tutto nella natura è in opposizione, ogni cosa è diversa dall’altra, tutto il suo linguaggio naturale parla di pluralismo, tutto in essa è immanente allo svolgimento della multiformità delle sue forme ambigue.
L’ambiguità della multiformità ci rimanda, esteticamente, al Brutto.
Se il Bello nell’Arte è sempre rappresentato da una forma impermeabile a ogni forma di mutamento, se la forma del Bello ci rimanda a una forma idealisticamente invalicabile, non è così con il Brutto.
Il Brutto è la logica risposta al molteplice, e perciò distrugge ogni principio di unicità e uniformità su cui il Bello si fonda.
Il Brutto è la logica risposta all’inesauribile energia della vita, e perciò si apre ad accogliere di tutto: il Bello e il Brutto; ciò che è dentro la nostra carne e ciò che è sopra; ciò che è riducibile a farsi da capo, per non chiudersi in una forma concepita solo dalla forma di sé, e ciò che non è fermo a se stesso e contraddice indefessamente il proprio limite.